Le recenti vacanze pasquali (a proposito auguri, in ritardo) mi hanno consentito di meglio apprezzare due particolari fattispecie di possibile interesse, enucleabili dalla lettura delle più recenti massime dei colleghi del Triveneto (ottobre 2024):
1) Istituzione di riserve specifiche
E’ nota la difficoltà di qualificare oggettivamente la natura ed i conseguenti diritti (da parte di soci, usufruttuari, creditori pignoratizi) su utili accantonati a riserva nel corso di esercizi precedenti anche considerando la Massima (H.1.27) degli stessi colleghi del Triveneto, che, conformemente all’orientamento di parte della dottrina, ai principi generali in materia, ma non univocamente, ne constatava la conseguente “capitalizzazione” con apprensione al patrimonio sociale e, in prospettiva, la spettanza ai soci e (non più agli usufruttuari) salva, all’atto della riscossione, l’applicazione dell’art. 1000 C.C..
La circostanza della non unanime adesione al principio complicava ulteriormente la materia suggerendo l’opportunità di “targare” in qualche modo la riserva così formata.
La Massima H.G.42, oggetto delle odierne riflessioni, conferma e rende consigliabile procedere in tal senso attraverso la formazione di una “riserva statutaria specifica” destinata a garantire ai soci (o agli altri diversi aventi diritto) un diritto al dividendo o alla sua integrazione, avente a fondamento un corrispondente “vincolo di destinazione” sulla riserva così formata, che, in senso lato, la separa, e la distingue, pur nell’ambito del patrimonio netto sociale.
2) – Aumento di capitale gratuito a favore di terzi
Chiaro a tutti che, come previsto dall’art. 2442 C.C. (SPA) e 2481 ter C.C. (S.r.l.), in caso di aumento gratuito del capitale sociale, le nuove partecipazioni competono ai soci in esatta proporzione alle partecipazioni già possedute. Evidente altresì come il richiamato principio, normativamente affermato, tuteli posizioni soggettive riferibili esclusivamente ai soci, NON a terzi. Ecco dunque come appaia possibile affermare che, con il consenso unanime degli stessi, (e quindi attraverso l’espressione di una volontà derogatoria da parte dei titolari), sia possibile fare eccezione al richiamato principio di proporzionalità, sino a prevedere l’attribuzione e la spettanza del relativo diritto a favore di terzi.
Tutto bene? Quasi. Non è chi non veda come accettando integralmente il principio derogatorio citato si possa immaginare l’attribuzione del diritto indicato (le partecipazioni sull’aumento di capitale) a favore di qualsivoglia terzo senza apparenti limitazioni.
Limitazioni che in realtà sussistono e di cui occorre tenere conto:
A) l’attribuzione di diritti a terzi esprime sempre una causa sottostante, causa che secondo i principi vigenti deve essere lecita e meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico, onerosa, o gratuita, con le conseguenze che l’alternativa richiamata comporta. Dunque poiché si sta operando nell’ambito di società cosiddette “lucrative”, che hanno come scopo esclusivo la realizzazione in capo all’ente societario di un utile da ripartire tra i soci, e poiché in tale ambito non è contemplata, nè può esserlo, l’eterodestinazione del risultato economico, occorrerà in ogni caso ricordarlo nell’individuazione dei terzi possibili beneficiari dell’aumento. Nulla quaestio qualora si trattasse di dipendenti, amministratori, professionisti o altri collaboratori, caso che farebbe assumere alla relativa deliberazione la coloritura di “stock option” nella specifica veste di “stock grant”. Altrettanto a dirsi qualora la deroga facesse riferimento solo alla diversa proporzionalità tra soci per determinare specifici risultati, magari in conformità a particolari diritti soggettivi (S.r.l.) ovvero di azioni di categoria, o cosiddetti “diritti diversi” (SPA).
B) Ma cosa accadrebbe se il terzo (o i terzi) beneficiari dell’aumento fossero in senso proprio tali, vale a dire assoluti estranei rispetto alla società, nei cui riguardi l’attribuzione determinerebbe pur sempre un impoverimento?
Ritengo che la fattispecie vada trattata con assoluta prudenza e limitata alle ipotesi e nei limiti in cui anche in conformità ai principi sanciti dalla S.C. (n. 18449 del 21/9/2015) sia ipotizzabile un indispensabile interesse da parte della società, non sussistano ipotesi di conflitto o di negligenza in capo agli Amministratori, non si determinino conseguenze negative in capo al patrimonio sociale tali da non consentire o mettere a repentaglio il soddisfacimento dei creditori. In presenza di spirito “liberale” la liberalità indiretta che potrebbe derivarne sarebbe poi soggetta a registrazione con l’aliquota dell’8% (otto per cento) (estranei) e qualora il terzo svolgesse attività d’impresa commerciale, determinerebbe, in capo al beneficiario, una sopravvenienza attiva tassabile ex art. 88 T.U.I.R..
Dunque aumento di capitale gratuito a favore di terzi utilizzabile si, ma con attenzione.