Con la risposta in oggetto l’Amministrazione Finanziaria ha lodevolmente e logicamente confermato come una scissione non proporzionale divisoria di Società Semplice:
a) non determini alcun evento impositivo nè in capo alla società, nè in capo ai soci (art. 86 comma 1 lettera “c” T.U.I.R. – art. 47 comma 7 T.U.I.R.);
b) non comporti alcun vantaggio indebito a norma del 4° comma dell’art. 10 bis Statuto del Contribuente (Legge 212/2000).
La risposta ha tuttavia aperto (o forse riaperto) una pericolosa, e di fatto apparentemente superata, diatriba sulla possibilità dell’Amministrazione Finanziaria di interpretare gli atti presentati alla registrazione sulla base dei rispettivi effetti reali in senso economico-giuridico (teoria della cosiddetta “causa reale”), determinando in tal senso la tassazione di un’operazione di scissione (specificamente neutrale e soggetta ad Imposta fissa di Registro) con l’Imposta proporzionale di Registro dell’1% propria di un’operazione di divisione.
L’interpretazione implicitamente fornita all’art. 20 T.U.R. (D. Lgs. 131/1986) preoccupa, rischiando di riaprire una questione che si pensava definitivamente risolta con la modifica normativa adottata con la Legge 205/2017, seguita dall’interpretazione autentica contenuta nella Legge 145/2018, stigmatizzata dalla stessa Corte Costituzionale con la Sentenza n. 158/2020, e seguita in senso conforme dal giudice di legittimità.
Una volta chiarita la portata esclusivamente interpretativa dell’art. 20 T.U.R., che NON rappresenta disposizione antielusiva, ribadito pertanto che per operare viceversa in tal senso (con finalità anti-elusive), l’Amministrazione Finanziaria non possa sottrarsi dall’applicazione delle regole contenute all’art. 10 bis della Legge 212/2000 (statuto del contribuente), si riteneva che l’Imposta di Registro dovesse essere applicata esclusivamente sulla base degli effetti giuridici riconducibili allo schema negoziale (tipico) adottato dalle parti, salvo appunto la dimostrata sussistenza di profili elusivi a’ sensi dell’art. 10 Legge 212/2000.
Nel caso segnalato (Risposta ad Interpello n. 124/2025) si ritorna invece al sostanziale utilizzo della cosiddetta teoria della “causa concreta”, andando a tassare con Imposta proporzionale un’operazione di scissione, pacificamente soggetta (art. 4 Tariffa Parte I allegata al T.U.R.) ad Imposta fissa di Registro.
Ovvio che operando in tal modo non ci si potrebbe sorprendere nel constatare in futuro l’applicazione della stessa Imposta di Registro proporzionale (1%), anche ad un’operazione di conferimento in società con la quale una pluralità di soggetti, conferiscano congiuntamente una partecipazione detenuta in comunione ordinaria nella società conferita, ottenendo nella conferitaria, anzicchè un’unica partecipazione comune, una pluralità di partecipazioni individuali, aventi valore esattamente proporzionale alle quote già detenute.
Ma giunti a questo punto, a parte la rilevata anomalia di constatare, in entrambi gli esempi forniti, una tassazione in deroga a quella prevista dall’ordinamento per la figura negoziale tipica utilizzata, saremmo proprio sicuri circa la legittimità dell’imposizione proporzionale (1%) di una divisione di partecipazioni sociali?
Vero che per la divisione, la disposizione generale dell’art. 3 della Tariffa Parte I allegata al TUR, prevede la tassazione con l’Imposta proporzionale di Registro con l’aliquota dell’1%, ma è altrettanto vero che per le partecipazioni sociali, la disposizione specifica dell’art. 11 della stessa tariffa, dispone la tassazione con l’imposta fissa per tutti gli atti di “negoziazione” di quote di partecipazione in società o enti, e che in tale ampio concetto (negoziazione), non può non rientrare anche la Divisione, quando abbia ad oggetto appunto partecipazioni sociali.
Se al riguardo avessimo poi modo di osservare come tutte le volte in cui la divisione comportasse una causa “traslativa”, per la presenza di conguagli, o per la sussistenza di cosiddette “masse plurime”, non potrebbe giammai ipotizzarsi una tassazione dell’1% (in quanto non meramente dichiarativa) bensì un’imposizione fissa, apparirebbe ragionevole ritenere che ogniqualvolta la divisione riguardasse partecipazioni sociali, sarebbe più corretto applicare l’Imposta fissa di Registro e in tale (diversa) maniera, ritornare a concludere come una scissione o una qualsiasi diversa operazione “tipica” (fusione, trasformazione ecc.) dovrebbe comunque subire la tassazione di registro fissa che le è propria (art. 4 Tariffa Parte I allegata al T.U. Registro) e NON una differente, variabile, imposizione, riferita ad uno dei molteplici e mutevoli effetti (traslativi, estintivi, costitutivi, dichiarativi) che potrebbero conseguirne, proprio in quanto operazione tipica, sui soggetti, più che sul rispettivo patrimonio.
